martedì 24 febbraio 2015

Quaresima= silenzio, essenzialità, gratuità

Quaresima è silenzio, essenzialità e gratuità


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di don Giorgio De Capitani
I cristiani parlano della Quaresima come di un periodo forte e provvidenziale, di un tempo propizio e favorevole. E poi: come l’hanno ridotta? A qualche formalità religiosa in più, con qualche rinuncia studiata ad hoc, il tutto condito di tanta ipocrisia.
E ogni anno, alé, si torna daccapo. Arriva la Quaresima, e si studiano iniziative o proposte, come se fosse una parentesi a sé, che, una volta chiusa con l’arrivo della Pasqua, aprirà di nuovo alla solita banalità della vita quotidiana.
Credenti o non credenti, tutti sentiamo il bisogno di momenti forti, in cui intensificare una auto-coscienza che faccia spazio al proprio essere interiore.
È vero che questo è un obbligo naturale, di sempre, ma ogni occasione è buona per tornare ad “essere”, nel suo senso più profondo. E allora, prendiamo anche la Quaresima, e trasformiamola in una preziosa occasione per rientrare in noi stessi.
Ecco perché la Quaresima riguarda tutti, perché tutti appartengono a quell’Umanità, dove ciò che conta non è tanto consumare cose, ma trasformare le cose in quel mondo di segni, che rivelano che c’è qualcosa di sacro in ogni realtà umana.
Dunque, l’invito è anzitutto al silenzio. La chiacchiera copre la voce dell’essere, o, ancor peggio, ne interpreta la voce, sostituendosi all’essere. Oggi tutto è talk-show, ovvero chiacchiera spettacolo, ovvero un insieme caotico di parole che disturbano la voce dell’essere. La Chiesa invita al silenzio, e poi parla e straparla, in continuazione. Forse anche il papa dovrebbe stare un po’ in silenzio, per ascoltare la voce del proprio essere, e per ascoltare la voce delle coscienze, che non riescono neppure a sussurrare qualcosa. Forse anche questo papa parla troppo, e finisce per straparlare. 
Il silenzio è la migliore parola, quella che proviene dall’essere, che emette suoni d’infinito così impercettibili che non arrivano all’orecchio del corpo, ma solo all’anima.
Non diamo sempre la colpa alla tv. La tv fa ciò che noi vogliamo. La tv obbedisce alla nostra ossessiva sete di esteriorità e di banalità. E le parole della tv non cambiano, se la tv fosse anche cattolica. Non si tratta di sostituire brutte parole con belle parole, ma di tacere, per ascoltare la parola parlante, quella dell’essere, che non sopporta rosari o litanie o lungaggini simili.
Solo nel silenzio si scopre l’altro valore che è l’essenzialità. La parola essenzialità deriva da essere. L’essere è semplicità, non complessità. Ciò che è semplice richiama l’unità dell’essere, mentre ciò che è complesso divide l’essere. L’essenzialità è la nudità dell’essere, e l’essere soffoca sotto la banalità delle cose. Il superfluo soffoca l’essere nella sua semplicità. Se l’essere è il nostro autentico vivere, come si può vivere sommersi da un mucchio di superfluo? E allora chiediamoci: perché talora entriamo in crisi? Non è forse perché ci viene meno, per qualche ragione, un po’ del nostro superfluo? Invece, dovremmo ringraziare le crisi, quando ci fanno star male ma per farci star meglio.
In Quaresima, a che servono i sacrifici o le rinunce, se poi, passata la Quaresima, riprendiamo il superfluo sospeso? I tagli servono se potano le cose inutili, in vista della essenzialità, che è la radice dell’essere.     
Dire essere, da scoprire nel silenzio, e dire essenzialità significa anche dire gratuità. Non può esistere gratuità, nel suo aspetto più nobile di volto dell’essere più puro, se siamo nelle mani avide dell’avere. Non nascondiamo la faccia dietro la maschera dell’ipocrisia. Rendiamocene conto una buona volta: la gratuità non entra nella logica di questo mondo, dove ciò che conta è solo star bene, nel senso più materiale delle parole “star bene”. Per star bene basterebbe anche poco, ma noi vogliamo tanto. Ma staremmo meglio, se vivessimo di gratuità. Vivere di gratuità sarà possibile, solo se ribalteremo la concezione materialistica di questa società. Il problema non è se abbiamo ciò che ci è dovuto per vivere, e neppure se viviamo in una società, dove anche i nostri diritti fossero rispettati. La gratuità costruisce i veri rapporti sociali. La gratuità ha origine nella nostra stessa costituzione naturale. La gratuità perciò non è la virtù da lasciare ai santi, ma un dovere personale e sociale.
E allora, che cos’è la Quaresima? Tempo perso? Tempo imposto dalla Chiesa per auto-conservarsi nella sua struttura?
Usciamo dalle formalità e ristrettezze religiose, e riprendiamoci il tempo prezioso del nostro vivere su questa terra. Riempiamolo del suo contenuto migliore, che è l’intensità di ciò che “siamo” o, meglio, di come dovremmo essere.

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