sabato 26 ottobre 2013

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Domenica 24-sima dopo la Pentecoste

    Luca 4,38-44:

[38]Uscito dalla sinagoga, Gesù entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. [39]Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.

Molte guarigioni

[40]Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. [41]Da molti uscivano demòni gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

Gesù abbandona in segreto Cafarnao e percorre la Giudea

[42]Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. [43]Egli però disse: «Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». [44]E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
 
 
      Commento
       
       Il breve racconto della guarigione della suocera di Pietro si conclude con un insegnamento importante:" Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli" ( v.39). Qui troviamo il significato di tutto il miracolo e di tutti i miracoli. Il fatto che essa si metta al servizio degli altri indica una guarigione molto più profonda di quella dalla semplice febbre del corpo. Ella è liberata da quella febbre che le impedisce di servire e la costringe a servirsi degli altri per essere servita. " Servire" è una parola carica di significati nel Nuovo Testamento. Gesù è il Servo di Dio e dei fratelli, il Giusto che per amore si fa carico del peso della debolezza altrui. Il servirsi degli altri è il principio di ogni schiavitù nel male, il servire gli altri è il principio di ogni liberazione dal male. E' nel servire che l'uomo diventa se stesso e rivela la vera identità di Dio di cui è immagine e somiglianza.
Con la parola "servire" il Nuovo Testamento intende l'amore fraterno concreto "non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Gv 3,18). Questa è la caratteristica specifica e fondamentale di Gesù, lasciata in eredità ai suoi discepoli prima di morire (Lc 22,24-27; Gv 13,1-17). La liberazione che Gesù ci ha portato non ottiene il suo risultato nella semplice professione della fede, come fanno i demoni ( Lc 4,34.41; Gc 2, 9), ma nel servire che è la vera liberazione dal male profondo dell'uomo, l'egoismo, che lo fa essere il contrario di Dio che è amore (1Gv 4,8.16). Alle tante domande " Chi conta veramente nella Chiesa?; con quali occhi dobbiamo leggere la storia della Chiesa?; chi dobbiamo guardare per imparare dal vivo il vangelo?;... la risposta è una sola: A quelle persone "insignificanti" per il mondo, ma tanto significative per i credenti, che servono con umiltà e nel nascondimento. Essi ed esse sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi, essi ed esse sono i nostri maestri di vita cristiana. Anche alla fine della sua vita, Gesù chiamerà i suoi discepoli ad osservare una povera vedova che "dà tutta la sua vita"(Lc 21,4) perché imparino da lei la lezione fondamentale del suo vangelo.

Nei vv.40-41 Gesù ci insegna come dobbiamo accostarci ai malati. Prima di tutto per Gesù il malato non è un numero:" egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva", inoltre Gesù si occupa del malato, non del male. Il malato non è un caso clinico o un oggetto di studio: è una persona. All'arrivo di Gesù, il demonio, che è la causa del male, è sconfitto e fugge. Il diavolo conosce la vera identità di Cristo e la proclama, ma la vera fede che salva viene solo dall'adesione del cuore all'annuncio della salvezza (Rm 10,8-10). E questa adesione del cuore e della vita il demonio non ce l'ha.

Il popolo comincia a seguire Gesù, ma Gesù si sottrae da loro perché la volontà del Padre, che egli ha compreso a pieno di buon mattino nel luogo deserto dove aveva conversato filialmente col Padre suo, lo vuole altrove. Questa volontà del Padre è presentata con le parole:" Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". Il regno di Dio è esattamente il contrario del regno dell'uomo. Questo regno ci viene donato da Dio in Gesù. Esso non viene né per azione, né per evoluzione, ma solo per umile invocazione:" Venga il tuo regno" (Lc 11,12).

Nei vv.40-41 Luca ci offre un primo sommario di opere miracolose. Nella storia della salvezza Dio si è sempre rivelato con parole e azioni, e Gesù ora fa lo stesso. Un lungo discorso aveva aperto il suo ministero a Nazaret, una lunga serie di guarigioni conclude ora a Cafarnao la sua attività missionaria. Per la prima volta Gesù si incontra con una folla numerosa di malati, venuti o trasportati da ogni luogo.

I vangeli presentano più spesso Gesù attorniato da folle bisognose di guarigione che desiderose di ascoltare la parola di Dio. In questa circostanza appare come un medico premuroso che si prende cura di ciascuno e impone le sue mani ad uno ad uno dei malati e li guarisce.

I miracoli biblici sono stati visti spesso più come una manifestazione della potenza di Dio che come momenti della salvezza dell'uomo. Essi, invece, sono come delle piccole luci che Dio accende sul cammino dell'uomo per dimostrargli che fa storia con lui, che non l'abbandona a se stesso o in balia del male, ma che l'assiste sempre con la sua paterna presenza. Il miracolo ha pure un significato di protesta contro il male e di annuncio di salvezza presente e futura. Cristo combatte il male con tutte le sue forze e comanda a noi di continuare la sua missione facendo altrettanto, ossia il massimo.

La malattia, la miseria d'ogni genere non sono un bene, ma uno squilibrio che deve scomparire grazie all'operosità congiunta di Dio e dell'uomo.

Gesù ha bisogno di solitudine e di raccoglimento. Deve incontrarsi con il Padre per comprendere le scelte da fare e il cammino da percorrere. L'inseguimento della folla è ben spiegabile, dopo i successi e i prodigi del giorno prima. Forse qui c'è anche un richiamo polemico ai suoi concittadini di Nazaret: qui a Cafarnao è trattenuto perché non parta, lì era stato cacciato con ira e con violenza, rischiando persino di essere spinto nel burrone.

Gli uomini vogliono trattenerlo, ma la sua partenza è fuori discussione perché non dipende dalla sua volontà. Il suo cammino ha ben altre motivazioni e non può essere arrestato né dai nemici né tanto meno dagli amici. Nemmeno da lui stesso. L'incontro con il Padre suo, nel luogo deserto (cfr v.42), gli ha rivelato con certezza la volontà di Dio:" Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato (dal Padre)". Il cammino che Gesù è chiamato ad intraprendere fin dal suo battesimo è quello del servo-figlio obbediente e non del signore.

Gesù annuncia il regno di Dio. L'instaurazione di questo regno segnerà la fine del peccato, del male e di qualunque ingiustizia. Per Gesù "evangelizzare il regno di Dio" sintetizza tutta la sua missione. Evangelizzare i poveri significa aprire ad essi le porte del regno: qui la loro miseria finirà e le loro aspirazioni saranno pienamente esaudite.

Il Signore non verrà a sedersi tra i sovrani della terra, accanto a quelli che opprimono gli uomini, ma instaurerà, in mezzo ai credenti e agli uomini che seguono onestamente i dettami della loro coscienza, lo stesso regime di vita, di pace, di santità che vige presso di lui in cielo.

Il regno di Dio è già instaurato e la strada per arrivarci è quella percorsa da Cristo. Egli è il salvatore e il liberatore nel senso più pieno e totale della parola.

sabato 12 ottobre 2013

Il Vangelo della Domenica


                                 Domenica XXI-sima dopo la Pentecoste


      IL VANGELO SECONDO LUCA 8,5-15

    In quei giorni disse Gesù ai suoi discepoli:
[5]«Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. [6]Un'altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. [7]Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. [8]Un'altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!». [9]I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. [10]Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perchè         
vedendo non vedano
e udendo non intendano.
     [11]Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. [12]I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. [13]Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno. [14]Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. [15]Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.
 
   Commento al Vangelo
 
• Nel vangelo di oggi, meditiamo sulla parabola del seme. Gesù aveva uno stile assai popolare di insegnare per mezzo di parabole. Una parabola è un paragone che usa le cose conosciute e visibili della vita per spiegare le cose invisibili e sconosciute del Regno di Dio. Gesù aveva una capacità enorme di trovare immagini ben semplici per paragonare le cose di Dio con le cose della vita che la gente conosceva e sperimentava nella sua lotta quotidiana per sopravvivere. Ciò suppone due cose: stare dentro le cose della vita, e stare dentro le cose di Dio, del Regno di Dio. Per esempio, la gente della Galilea se ne intendeva di semi, di terreno, di pioggia, di sole, di sale, di fiori, di raccolto, di pesca, etc. Ora, sono esattamente queste cose conosciute che Gesù usa nelle parabole per spiegare il mistero del Regno. L’agricoltore che ascolta dice: “Semente in terra, so cosa vuol dire. Gesù dice che ciò ha a che vedere con il Regno di Dio. Cosa sarà mai?” Ed è possibile immaginare le lunghe conversazioni con la gente! La parabola entra nel cuore della gente e la spinge ad ascoltare la natura ed a pensare alla vita.
• Quando termina di raccontare la parabola, Gesù non la spiega, ma è solito dire: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” Che significa: “Avete sentito questa parabola. Ora cercate di capirla!” Ogni tanto lui spiegava ai discepoli. Alla gente piaceva questo modo di insegnare, perché Gesù credeva nella capacità personale di scoprire il senso delle parabole. L’esperienza che la gente aveva della vita era per lui un mezzo per scoprire la presenza del mistero di Dio nella loro vita e di prendere forza per non scoraggiarsi lungo il cammino.
• Luca 8,5-8a: La parabola del seme rispecchia la vita degli agricoltori. In quel tempo, non era facile vivere dell’agricoltura. Il terreno era pieno di pietre. Poca pioggia, molto sole. Inoltre, molte volte, la gente accorciava il cammino e passando in mezzo ai campi calpestava le piante (Mc 2,23). Ma malgrado ciò, ogni anno l’agricoltore seminava e piantava, con fiducia nella forza del seme, nella generosità della natura.
• Luca 8,8b: Chi ha orecchi per intendere, intenda! Alla fine, Gesù termina dicendo: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” Il cammino per giungere a capire la parabola è la ricerca: “Cercate di capire!” La parabola non dice tutto immediatamente, ma spinge la persona a pensare. Fa in modo che scopra il messaggio partendo dall’esperienza che la persona stessa ha del seme. Spinge ad essere creativi e partecipativi. Non è una dottrina che si presenta pronta per essere insegnata e decorata. La parabola non è acqua in bottiglia, è la fontana.
• Luca 8,9-10: Gesù spiega la parabola ai discepoli. In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il significato della parabola. Gesù risponde per mezzo di una frase difficile e misteriosa. Dice ai discepoli: “A voi fu dato di conoscere i misteri del Regno. Ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano." Questa frase fa sorgere una domanda nel cuore della gente: A cosa serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? Gesù usava le parabole affinché la gente continuasse nella sua ignoranza e non giungesse a convertirsi? Certamente no! In un altro punto si dice che Gesù usava le parabole “secondo quello che potevano intendere” (Mc 4,33). La parabola rivela e nasconde allo stesso tempo! Rivela per coloro che “sono dentro”, che accettano Gesù Messia Servo. Nasconde per coloro che insistono nel vedere in lui il Messia Re grandioso. Costoro intendono le immagini della parabola, ma non capiscono il suo significato.
• Luca 8,11-15: La spiegazione della parabola, nelle sue diverse parti. Una ad una, Gesù spiega le parti della parabola, la semina, il terreno fino al raccolto. Alcuni studiosi pensano che questa spiegazione fu aggiunta dopo. Non sarebbe di Gesù, ma di qualche comunità. E’ possibile! Non importa! Perché nel bocciolo della parabola c’è il fiore della spiegazione. Bocciolo e fiore, ambedue hanno la stessa origine che è Gesù. Per questo, anche noi possiamo continuare a riflettere e scoprire altre cose belle nella parabola. Una volta, una persona in una comunità chiese: “Gesù disse che dobbiamo essere sale. A cosa serve il sale?” Le persone dettero la loro opinione partendo dall’esperienza che ognuna di loro aveva del sale! Ed applicarono tutto questo alla vita della comunità e scoprirono che essere sale è difficile ed esigente. La parabola funzionò! Lo stesso vale per la semente. Tutti ne hanno una certa esperienza.
     
    Esercizio da vivere all'inizio della giornata: invochiamo mentalmente o anche a parole lo Spirito Santo perché nelle piccole o grandi cose di ogni giorno ci ispiri come mettere in pratica l'insegnamento che Gesù ci offre nella parabola del seminatore.